L’attività fotografica di Emanuele Cavalli non deve essere vista come una ricerca solipsistica, condotta dall’artista senza alcun riferimento alle coeve esperienze fotografiche italiane e internazionali. Come già sostenuto, le enigmatiche nature morte dimostrano quanto l’artista abbia assimilato e fatto proprio il linguaggio perturbante della fotografia europea di matrice surrealista. Non è solo l’acquisizione di novità stilistiche a rendere Cavalli un fotografo consapevole e aggiornato. Il pittore, partecipa, infatti, grazie alla presenza del fratello Giuseppe, a una delle più fertili stagioni della fotografia italiana, quella che si sviluppa intorno alle associazioni fotografiche amatoriali e che vede la nascita di gruppi come La Bussola e La Gondola. Nel rapporto tra Emanuele e Giuseppe Cavalli la fotografia, territorio comune per entrambi, diventerà argomento di continui confronti e scambi. I due fratelli oltre a studiare insieme i tagli e le composizioni delle foto, erano soliti scambiarsi lettere in cui discutevano di filtri e di obiettivi, scritte con un loro linguaggio, un codice affettuosamente codificato che fa proprio, assimila, e risemantizza il lessico fotografico. Spesso fotografavano gli stessi soggetti, in una sfida senza rivalità ma ricca di complicità, alla ricerca dell’approvazione l’uno dell’altro. La comune passione risale ai tempi della giovinezza nella natia Lucera: nella cittadina pugliese entrambi frequentavano il negozio di Lepore, un negozio di ottica fornito anche di camera oscura, dove i due ragazzi erano soliti divertirsi e sperimenti con le macchine fotografiche. Nel 1938 inoltre entrambi i fratelli soggiornano per un lungo periodo nella casa di famiglia a Lucera, dove una camera era adibita a camera oscura. Proprio in questo periodo, quando le occasioni di scambio e confronto si fanno più numerose, si intensificano le reciproche influenze stilistiche e iconografiche, con gli stessi soggetti (fiaschi di vino, ceramiche, elementi d’arredo domestici, una vera e propria galleria di ritratti di pesci, bicchieri e brocche di vetro che giocano con gli effetti della luce sulle superfici trasparenti) che compaiono nelle fotografie di entrambi. Ognuno, però, li affronta secondo i dettami della propria sensibilità estetica e, soprattutto, secondo il proprio senso della luce e dei toni luminosi: Giuseppe, in accordo con la poetica dell’high key che persegue nella sua fotografia, usa il soggetto come pretesto formale, avulso da qualsiasi intento documentaristico, e lo risolve in un motivo quasi astratto, intriso di un lirismo fortemente mediterraneo. Emanuele, in linea con la visione che persegue anche in pittura, osserva con cura l’oggetto, lo indaga, lo traduce in una sintassi visiva che mostra un’attenzione minuziosa alla resa tonale, alla profondità dei neri e alla luminosità dei bianchi. I due fratelli si troveranno insieme a Firenze, dove Emanuele si è ormai stabilito e dove Giuseppe lavora, insieme all’amico Vincenzo Baiocchi, alla documentazione fotografica delle varie fasi di ripulitura delle tre porte d’oro del battistero di Firenze. Questa vicinanza si traduce in una sempre più serrata condivisione di interessi fotografici che non si limita ai due fratelli ma coinvolge anche personaggi di spicco dell’ambiente dell’associazionismo fotografico amatoriale, tra cui Mario Finazzi, sodale di Giuseppe nell’avventura della Bussola che va a spesso a trovare Emanuele. E proprio al gruppo La Bussola Emanuele Cavalli dedica un omaggio, Composizione, fine anni 40, in cui figurano alcuni strumenti del mestiere: un decilitro, una vaschetta per lo sviluppo, su cui si staglia un’etichetta con il logo della Bussola, disegnato da Luigi Veronesi, altro membro del gruppo. Una composizione essenziale, raffinata nell’equilibrio tra la trasparenza del decilitro e la luminosa opacità della vaschetta. Soprattutto, oltre che alla Bussola, un omaggio alla fotografia stessa, nella sua accezione più tecnica e totalizzante che comprende anche lo sviluppo.