La fotografia ha senza dubbio non solo accompagnato, ma scandito, la vita della famiglia di Emanuele Cavalli. La figlia Maria Letizia ricorda che il padre non usciva mai sprovvisto di macchina fotografica e che era solito portare con sé diversi tipi di lenti e obiettivi. Le immagini della famiglia e della pletora di amici, allievi, ammiratori che gli gravitavano intorno, non solo trasmettono tutta la tenerezza del loro rapporto, ma, in molti casi, riformulano l’iconografia degli affetti in nuovi, audaci modi. Le fotografie familiari di Emanuele Cavalli sono la dimostrazione che i più atavici usi della fotografia, quelli legati alla documentazione e alla commemorazione di un momento e alla volontà di preservare le immagini dei propri cari, non sempre si traducono in immagini “di repertorio”, stereotipate ma che sono in grado di produrre composizioni dotate di un alto grado di artisticità. Di queste dinamiche, sono particolarmente esemplificativi i ritratti fotografici che Emanuele Cavalli dedica alla figlia Maria Letizia. L’uso del termine, dedicare, non è casuale. Se è vero, infatti, che Cavalli spesso scattava foto ai soggetti più diversi per provare macchine, lenti e filtri, dalle fotografie a Maria Letizia, che si susseguono numerose a scandire tutte le fasi della sua vita, dalla nascita alla vita adulta, emerge un sentimento di estrema complicità, anche fotografica, che trascende il rapporto fotografo-soggetto. Maria Letizia è infatti soggetto privilegiato di tutta la sua ricerca artistica. Nel quadro Maria Letizia con natura morta, 1968, alla figura della ragazza si affiancano gli oggetti quotidiani afferenti all’ambito della cucina (brocche, piatti, pentole di rame), intesi quasi come correlativo-oggettivo del mondo interiore del pittore. La ragazza è rappresentata insieme a una natura morta di pentole e brocche, quasi a condensare il mondo degli affetti familiari più stretti e il mondo delle piccole cose che si compenetrano in un distillato di domesticità, con i soliti giochi di simmetrie e corrispondenze: ad esempio il rosa squillante dell’abito che si stempera nel rosa più pallido del panno sui cui la ragazza appoggia il gomito, in un’armonia tonale che diventa dinamica degli affetti. Di pari delicatezza sono i ritratti fotografici che vedono come protagonista Maria Letizia, di cui Cavalli riesce con immediatezza e fine penetrazione, a cogliere l’essenza. I suoi ritratti a Maria Letizia si sottraggono tanto alla resa eccessivamente domestica, tipica dell’immagine fotografica scattata in un contesto familiare, quanto alla rigidità che caratterizza i ritratti in studio. Il Ritratto (Maria Letizia), 1953-55, può essere assunto come emblematico di questa concezione: la luce calibrata che illumina il volto della ragazza, la posizione delle mani, la purezza dei toni, la luminosità lirica, tutti questi elementi concorrono a catturare l’aria del soggetto. Nella fotografia è sì percepibile lo sguardo affettuoso e tenero che il fotografo rivolge alla figlia, ma anche la perizia tecnica con cui costruisce l’inquadratura. L’armonia tonale è sapientemente equilibrata, la luce scolpisce e definisce i tratti del volto, il primo piano restituisce con grazia tutta l’intensità dello sguardo della ragazza. Nei suoi ritratti Cavalli non rinuncia alla sua consueta attenzione meticolosa per la forma, alla sua sensibilità cromatica, all’equilibrio delle componenti in luce e in ombra, alla scelta calibrato del taglio e dell’inquadratura, agli effetti formali della luce e della composizione.