Nel 1939 un motivo tratto dalle tradizioni popolari ispirò Cavalli per una delle sue più note composizioni: Davanti allo specchio. Sono infatti i variopinti fiori di carta che si usava portare al ritorno ad Anticoli Corrado dal pellegrinaggio al Santuario della Santissima Trinità di Vallepietra, quelli che indossa sul capo la modella Jolanda Frisciotti nel quadro. Un particolare forse volutamente bizzarro, ma «assolutamente fuori d’ogni ironia», come notava il critico Virgilio Guzzi in una lettera a Cavalli in cui si complimentava per questo e altri dipinti. Anche in questo caso, nella rappresentazione di un’immagine specchiata vi è un rimando ermetico: «tutte le cose create altro non sono che specchi in cui si riflettono per noi i raggi della sapienza divina», scriveva nel 1646 Athanasius Kircher nel celebre Ars Magna Lucis et Umbrae, uno dei maggiori riferimenti per gli studiosi di alchimia e teorie esoteriche. La sospensione silenziosa del dipinto, già accostato dalla critica al “Realismo Magico” bontempelliano , è dunque da associare al valore simbolico dell’immagine riflessa. Allo stesso modo, l’armonia dei toni e l’equilibrio dello schema compositivo risponde all’esigenza di una ricerca di verità e purezza che Cavalli perseguiva attraverso lo studio dei testi ermetici. Da un punto di vista formale, anche Davanti allo specchio, come già La veste, ha i connotati musicali di un’“invenzione a due voci”, con la sua variazione armonica di toni relazionati ai due differenti incarnati delle donne – roseo quello di Jolanda, tendente all’ocra quello di Vera. L’opera fu presentata da Cavalli nel 1940 al II Premio Bergamo, ed è probabile che l’artista l’abbia ideata appositamente per il concorso, bandito dall’Unione Provinciale Fascista Professionisti e Artisti di Bergamo in collaborazione con il Sindacato Fascista Belle Arti, destinato alla premiazione di «un’opera di pittura, in cui due o più figure umane, legate insieme da un unico tema compositivo, siano soggetto preponderante del quadro».