Una viva introspezione psicologica caratterizza il Nudino in piedi, uno dei più originali esiti pittorici di Cavalli, per cui posò Franca Danesi. Grazie agli appunti autografi nei diari è possibile ripercorrere il lungo processo creativo del dipinto , iniziato nell’estate del 1944 e terminato dopo un anno, il 27 agosto del 1945. L’artista descrive le varie fasi di stesura del colore, rivelando così quanto l’effetto materico della superficie del quadro si debba alla stratificazione dei passaggi pittorici; e come a tale sovrapposizione di colori, con i loro differenti gradi di trasparenze, si debba il raggiungimento dell’effetto tonale che Cavalli ricercava per considerare l’opera compiuta. Ad ogni modo, mai come in questo dipinto è il disegno a rivestire un ruolo assolutamente centrale. Il formato stretto verticale amplifica l’allungamento della figura (si direbbe un omaggio alla pittura manierista) che, come nelle stampe giapponesi del genere bijinga, occupa quasi interamente il dipinto. Per la prima volta, un inedito magnetismo erotico affiora in un nudo di Cavalli, il quale fino ad allora aveva dato un’interpretazione totalmente ideale – e non carnale – della nudità. «È un quadro che suscita emozione», scrive nei diari. E aggiunge, con un ironico gioco di parole riferendosi al ruolo della modella nella sua vita, «vorrei chiamarlo “amantide religiosa”, se il titolo non fosse troppo letterario».